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ALCOL E MULTE AGLI UNDER-16: È UTILE?
Gaspare Jean (articolo pubblicato on line sul mensile gramscioggi)

L’amministrazione  comunale di Milano ha recentemente  stabilito di multare i ragazzi sotto i 16 anni sorpresi a bere alcolici in pubblico; i genitori di questi ragazzi si vedono recapitare a casa una multa di 450 €. Già la legislazione nazionale prevede il divieto di vendere alcolici ai minori di 16 anni; ben raramente è capitato che i gestori di spacci di bevande alcoliche siano stati multati per questo reato; l’amministrazione comunale di Milano, modifica il bersaglio delle sanzioni colpendo i giovani (invece o oltre colpire i gestori?).

Prima di rispondere alla domanda del titolo è necessario fare alcune precisazioni.
L’Italia è uno dei paesi che ha diminuito maggiormente il consumo di bevande alcoliche; secondo l’OMS  si è passati da 17,9 l di etanolo/capite/anno nel 1980 a 10,5 l nel 2003 (popolazione sopra i 15 anni); contemporaneamente la produzione di vino è passata da  circa 90 milioni di hl/anno negli anni ’70 agli attuali 50 milioni di hl.

Ma più che la quantità di bevande alcoliche bevute ha importanza la modalità del bere: i giovani al di sotto dei 30 anni non bevono tutti i giorni ma soprattutto nei week-end, in compagnia o da soli, mescolando spesso l’alcol con fumo, droghe  varie, farmaci o cercando “lo sballo”. La popolazione italiana sopra i 60 anni beve tutti i giorni, per lo più vino, ai pasti, “da buongustaio”, per meglio digerire, o perché può far bene al cuore. Non è che i più anziani non si ubriachino, ma lo fanno, in genere, entro contesti rituali tipici: feste, riunioni di amici, sagre, ecc.

Rare ubriacature occasionali sia nei giovani che negli anziani non sono sinonimo di alcoldipendenza; questa è caratterizzata dalla necessità di bere per sopprimere i sintomi della astinenza e dalla necessità di utilizzare bevande alcoliche in dosi sempre crescenti. Si diventa dipendenti per 4 gruppi di motivazioni:

Per queste differenze nello stile del potus, nella popolazione giovanile prevalgono sintomi di intossicazione acuta (perdita di autocontrollo, delirio, crisi di rabbia e ira, ecc.) mentre nella popolazione adulta prevalgono patologie (epatopatie, pancreatiti, neuropatie, ecc.) e problemi alcol-correlati (perdita di lavoro, divorzi, difficoltà economiche, problemi legali).

E’ chiaro che particolarmente disturbanti da un punto di vista sociale sono i sintomi legati alla intossicazione acuta che avviene in luoghi pubblici; ma quanti sono i giovani interessati da un consumo settimanale di alcolici fuori pasto?

La fascia di età che va dai 20 ai 24 anni è la più interessata (15,2 % del totale dei giovani di questa età ) (dati del Ministero della salute del 2007); desta però preoccupazione il fatto che la percentuale di giovani bevitori fuori pasto è raddoppiata tra il 1994 e il 2006 passando dal 13,4 al 24,2 % tra i maschi e dall’8 al 16,8 % delle femmine. Inoltre il 3,2 % dei giovani di età inferiore a quella legale per l’acquisto di bevande alcoliche (16 anni in sede nazionale) ammette di essersi ubriacato almeno una volta nel corso dell’anno.

L’assessore Landi ha affermato che questo provvedimento è stato fatto per tutelare la salute dei giovani, in ragione dell’effetto deterrente di una multa così salata; ma se era difficile (impossibile) controllare gli spacci di bevande alcoliche per far rispettare la legge  sul limite di 16 anni, cosa potrà essere fatto per controllare migliaia di giovani che potrebbero utilizzare bevande alcoliche in luoghi pubblici?  Si pensa quindi che questo provvedimento abbia come finalità quella di dare l’impressione che si fa qualcosa per tutelare la pubblica quiete; naturalmente  una risposta punitiva è la più facile da attuare e capire indipendentemente dalla sua utilità.

Ora è vero che le persone, anziane in particolare, hanno diritto ad avere un tranquillo riposo notturno; ma questo si ottiene con una città ben progettata dal punto di vista urbanistico, che preveda in numero adeguato e disperso luoghi di aggregazione giovanile. Quando la città è progettata sotto stimolo dei palazzinari e non degli urbanisti non ci si preoccupa delle esigenze di socializzazione che hanno i giovani. Chi poi ha dato le licenze di stare aperti fino a notte fonda a locali ubicati in zone residenziali?

Quindi il disturbo della quiete pubblica non è dovuto ai giovani che hanno bisogno di aggregarsi, trovarsi, “fare gruppo” per ricercare la propria autonomia e identità dal mondo degli adulti. Tutti gli adolescenti hanno bisogno di confrontarsi prima all’interno del gruppo dei pari per “imparare” a confrontarsi col mondo adulto.

L’alcol ha anche questo effetto facilitante la socializzazione e di vincere la timidezza; quindi molti giovani,  insicuri delle loro capacità, che non hanno identificato ancora i punti di forza del loro carattere, trovano naturale bere per superare queste difficoltà.

Esistono però 4 stili di potus:

  1. alimentare, che considera il vino o la birra un nutrimento e un esaltante il sapore dei cibi;
  2. socializzante-conviviale che favorisce la comunicazione e il senso di appartenenza al gruppo;
  3. socializzante-intossicante colla ricerca di una eccitazione emotiva e quindi spesso associato all’uso di altre sostanze o alla discoteca (la musica prolungata ad alto volume favorisce uno stato di deprivazione sensoriale);
  4. anestetizzante-terapeutico tipico del bevitore solitario, facilmente associato a patologie e problemi alcol-correlati.

Raramente un uso “alimentare” porta ad un uso “intossicante” o “anestetizzante”; un uso “socializzante-conviviale” può più facilmente sfociare in un uso “intossicante” e “anestetizzante” del potus se all’interno del gruppo i sistemi di controllo reciproci sono deboli o se adirittura c’e emulazione.

Come si vede il problema è complesso per l’intrecciarsi di fattori di rischio di natura fisica (in linguaggio popolare c’è chi “regge e chi non regge” l’alcol), di natura psicologica e sociale; le proibizioni da sole quindi non intaccano questo fenomeno. Basti pensare che in Italia la quantità di alcol/capite  è iniziata a diminuire negli anni ’80, quindi un decennio prima che il codice della strada  stabilisse sanzioni per chi ha una alcolemia superiore a 0,80 g/dl (poi diminuito a 0,50 g/dl).

Da una mia personale esperienza nelle scuole posso dire che i ragazzi sono molto interessati alle testimonianze dei membri dei gruppi di Alcolisti Anonimi; questi alcolisti in remissione clinica, raccontano i fallimenti del loro percorso esistenziale ma  anche come hanno saputo elaborare altre modalità di gestione dello stress, del dolore  e della gioia che prima gestivano solo con la bottiglia. Il proibizionismo influisce poco o nulla soprattutto in una età adolescenziale dove la ricerca di identità dal mondo degli adulti viene sperimentata nel gruppo dei pari la cui coesione si pensa rafforzata dall’uso di alcol.

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