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Senigallia 4 novembre 2005

ALCOLISMO E POLIABUSO

Dr. Giovanni Luca Galimberti

Nella pratica quotidiana è esperienza condivisa da parte di tutti gli operatori del settore delle dipendenze patologiche che l’utenza stia modificandosi. Pur mantenendosi presente una quota di utenti che definiamo “puri” quindi: alcolisti, eroinomani, cocainomani e così via, si assiste ad un incremento di due tipologia di
utenza piuttosto rare fino a non molti anni orsono. Si tratta dei pazienti affetti contemporaneamente da dipendenza patologica e da patologia psichiatrica come entità nosologiche indipendenti tra loro, la così detta “doppia diagnosi, e di soggetti che abusano di più sostanze, i poliabusatori o polidipendenti.

Nell’intervento mi interesserò specificamente di questa ultima categoria, considerando che all’interno della stessa occorre non accomunare tipologie tra loro molto diverse sia dal punto di vista meramente clinico che per i meccanismi biologici sottostanti.
Intendo impostare la mia breve relazione in tre sezioni

CLASSIFICAZIONE DELLE SOSTANZE

Esistono diversi tipi di classificazione considereremo nelle diapositive solo quella giuridica, di pericolosità e di effetto.

NEUROBIOLOGIA DELLA DIPENDENZA DA SOSTANZE cenni:

negli ultimi anni la ricerca ha compiuto passi da gigante nel campo della neurobiologia, si è infatti meglio messo a fuoco il ruolo della dopamina nella genesi e mantenimento dei processi di dipendenza da sostanze, il funzionamento dei circuiti cerebrali deputati ai comportamenti tossicomanici ed infine il ruolo di fattori cellulari
determinanti nella trasduzione di messaggi genici nello sviluppo della dipendenza da sostanze.

Purtroppo o per fortuna non tutto si riesce ancora a spiegare, per esempio i fini meccanismi cellulari e molecolari di cui si è a conoscenza non bastano a spiegare
compiutamente le modificazioni comportamentali presenti nella patologia.

Il fulcro per l’insorgenza ed il mantenimento della dipendenza da sostanze sembra risiedere in un sistema cerebrale definito limbico-corticale o sistema di gratificazione
(Di Chiara 1995, Robbinson Everitt 1996, Wise 1996, 1998). Tale sistema è filogeneticamente arcaico e di importanza vitale per la sopravvivenza dell’individuo e della sua specie. Presiede infatti al controllo di alcune funzioni primarie quali l’attività sessuale, l’assunzione di cibo, gli atteggiamenti sociali, es. di aggressioni o sottomissione (Spanagel, Weiss 1999), si può così immaginare una sua grande valenza per la vita dell’individuo nel “branco”.

Gli stimoli che definiremo primari come il cibo, l’acqua l’attività sessuale hanno una profonda proprietà gratificante ed anche una incentivo-cognitiva. Queste proprietà
garantiscono che l’animale metta in atto comportamenti finalizzati al raggiungimento della soddisfazione dello stimolo primario. Le proprietà gratificante e quella incentivo-cognitiva attivano sistemi differenti. Nel caso della gratificazione sembra ormai accertato che venga attivata la trasmissione dopaminergica a livello del nucleo accumbens, per l’aspetto cognitivo vengono attivate aree differenti come la corteccia prefrontale e l’amigdala con meccanismo in gran parte ancora sconosciuti (Dias 1996, DiChiara 1995, Graffan 1993, Weise1996).

Si può ipotizzare che le sostanze in modo assolutamente sequenziale e causale una volta assunte determinino l’attivazione del sistema dopaminergico a livello mesolimbico.
Le sostanze d’abuso sono potentissimi surrogati degli stimoli primari, usurpandone sia gli effetti gratificanti finali ma anche sostituendoli nelle vie motivazionali cognitive (Thomas 2001, Di Chiara 1998, Koob 1992, Wise 1996 ).

ALCOL E POLIABUSO DI SOSTANZE:

il poliabuso è un termine che riunisce in sé una serie di tipologie di pazienti affetti da dipendenza patologica molto diverse tra loro. Facendo una rapida e superficiale
carrellata è possibile passare in rassegna gli eroinomani che assumono cannabis e alcol, i cocainomani che assumono alcol ed altri eccitanti, gli abusatori di psicofarmaci che assumono alcol.

Subito si nota come l’alcol sia un comune denominatore tra tipologie così differenti e clinicamente distanti tra loro.
Evidentemente l’alcol è camaleontico e grazie alle proprie caratteristiche farmacologiche permette di sfruttare un ventaglio di possibili effetti tanto da poter, a secondo delle esigenze, rafforzare l’azione di una sostanze fino alla sua sostituzione (oppiacei, farmaci ansiolitici), modulare gli effetti di un’altra tanto da trarne solo
l’aspetto desiderato combattendo gli indesiderati (cocaina e altri eccitanti).

Come prima considerazione bisogna annotare l’azione bifasica dell’alcol. L’alcol etilico è un depressore del sistema nervoso centrale, però nella clinica a basse dosi
causa una disinibizione dell’individuo, solo con l’aumento dei dosaggi una sedazione.
Quindi già di per sé l’alcol non è una sostanza ben definita ed inquadrabile per gli effetti. Inoltre a livello neurobiologico non ha un preciso recettore, bensì agisce su
diverse strutture recettoriali e sistemi neurotrasmettitoriali.
Il dato non è di poco conto se si considera che questa caratteristica farmacodinamica gli permette di scivolare ed insinuarsi in diverse cascate di gratificazione, tutte con il finale ultimo dell’aumento di trasmissione dopaminergica nel sistema limbico.
Nello specifico l’alcol agisce sui seguenti sistemi neurotrasmettitoriali (De Witte’96):

L’interazione tra l’alcol ed il sistema GABA è forse la più significativa, considerata la spiccata attività sedativa ed ansiolitica dell’alcol. Tutte però rivestono grande
importanza nello sviluppo di una dipendenza, considerato per esempio che il sistema dell’acido glutammico ha una importanza fondamentale nei processi cognitivi. Per gli altri sistemi è facile stabilire connessioni con altre sostanze d’abuso.
La sostanza d’abuso più vicina all’alcol per quanto concerne il percorso neurobiologico coinvolto è data dagli oppiacei. Basti considerare che secondo un ipotesi di Blum nei primi anni ’90 durante il metabolismo dell’alcol etilico si formano in eccesso sostanze oppioidi definite TIQ (tetraidoisochinoline). Tali sostanze si formerebbero dall’incontro tra acetaldeide e dopamina.
Questo non è certo una evidenza biologica sufficiente ma certo è suggestiva per spiegare, almeno in parte, come spesso i pazienti eroinomani, in assenza di eroina,
ricorrano (“shiftano”) all’alcol. Sono numerosi i pazienti ex eroinomani divenuti etilisti, oppure pazienti in terapia sostitutiva oppiacea con metadone che abusano di
alcol. Nel primo caso è evidente una sostituzione, mediante l’utilizzo di una sostanza che riesce a vicariare l’assenza di eroina e quindi a porre sotto controllo il craving.
Nel secondo si assiste ad un tentativo di forzare un blocco farmacologico, instaurato dalla terapia metadonica, mediante l’alcol che riesce, con le dovute proporzioni, a
riprodurre le sensazioni dell’uso di eroina. In questa tipologia di pazienti la modalità di assunzione di alcol ha aspetti peculiari e caratteristici. E’ continuativa e assiccia, riproduce la modalità del “farsi”, tanto che rappresenta uno dei problemi più gravi da affrontare nel corso di talune terapie metadoniche.

La cocaina può essere considerata la regina delle sostanze eccitanti, la sua azione si esplica come agonista indiretto di dopamina e noradrenalina. Infatti la cocaina blocca i meccanismi di reuptake delle catecolamine, causandone un aumento delle concentrazioni e di conseguenza un quadro clinico peculiare (Kilty 1991, Shimada
1991). La sua capacità di aumentare il tono dopaminergico nel sistema limbico la rende una sostanza ad alto rischio di abuso e dipendenza, inoltre la capacità di
aumentare il tono adrenergico centrale e simpatico periferico causa uno stato generale di iperattivazione e di eccitazione, che come effetto collaterale presenta l’ansia, l’agitazione psicomotoria fino allo sviluppo di vere e proprie sindromi paranoidee.
Ma perché molti cocainomani assumono l’alcol e spesso in concomitanza con l’assunzione di cocaina? Ritengo che in questo caso si debba ricercare il motivo negli
effetti ansiolitici e sedativi propri dell’alcol etilico. Infatti spesso i consumatori di cocaina pur ricercando gli effetti eccitanti e disinibenti della stessa mal sopportano la
componente ansiosa portata in dote dalla sostanza, l’assunzione contemporanea di alcolici permette di conservare gli effetti ricercati limitando quelli spiacevoli. Quindi
solo in apparenza è un controsenso associare un deprimente del sistema nervoso ad un eccitante, l’importante è giocare sul dosaggio e sulla modalità di assunzione, per esempio “bere” tutta la serata senza però mai raggiungere livelli di stordimento permette di sfruttare oltre che l’effetto ansiolitico dell’alcol anche la fase disinibitoria, che va ad aggiungersi a quella della cocaina. Anche la modalità di consumo di alcol da parte di questi pazienti è peculiare, normalmente non è continuativo ma presente dei binge (abbuffate) con frequenza variabile e con significato di accompagnamento al consumo di cocaina. Non è raro imbattersi in pazienti che non consumano abitualmente alcolici.

Sempre nella categoria degli eccitanti una quota di consumatori è rappresentata da coloro, generalmente giovani, che assumono un mix di sostanze di cui vale la pena
ricordare le amfetaminosimili, la metilendiossimetamfetamina (MDMA o ecstasy), e in misura minore sostanze allucinatorie (LSD et al.).
L’ecstasy ha una caratteristica che la differenzia dalle altre sostanze amfetamino simili, riconosce infatti una maggior propensione alla liberazione centrale di
serotonina che non di catecolamine (Benkson 2001, Cole 2003).
L’ MDMA non ha grande capacità di indurre dipendenza, rappresenta però un grave pericolo perché oltre ad indurre una iperattività psicomotoria causa una corteo di
sintomi neurovegetativi, tra cui aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca (Kalant 2001). L’uso è pressoché confinato agli ambienti della discoteca o delle feste, in cui anche l’alcol è una presenza imprescindibile e spesso associato dai giovani all’ecstasy e ad altre sostanze simili con diverse finalità, la più importante delle quali a mio avviso è la ricerca dello sballo o di uno stato di piacere nel contesto edonistico di questo tipo di divertimento.
Come brevemente illustrato l’alcol risulta essere un ottimo accompagnatore che si piega e quasi prende forma sulle esigenze del consumatore, tanto che l’immagine del
liquido che prende forma dal contenuto rende molto bene l’idea dell’elasticità d’uso.
La biologia tuttavia non spiega tutto bisogna considerare molti altri fattori che influenzano la modalità d’uso delle sostanze. Ve ne sono almeno due che a mio avviso rivestono grande interesse:
la disponibilità della sostanza alcol con il vissuto comune di sostanza buona presenti nella società e le mode, intese come insieme di costumi e abitudini comportamentali
che incidono pesantemente sui comportamenti e preferenze dei consumatori di sostanze.

EPIDEMIOLOGIA cenni

In uno studio studio retrospettivo sui pazienti afferenti ai 4 Nuclei Operativi di Alcologia dell’ASL Mi 3 al fine di valutare le caratteristiche dell’utenza e quali tra
esse possano essere utilizzate come parametri che incidono sul futuro successo o sull’abbandono del programma terapeutico. Si è preso in considerazione tutti i nuovi pazienti che si sono presentati nei 4 NOA nel periodo 1/1/95-31/12/98 ed è stato fissato come end point del follow up il 31/12/2000.
I pazienti che hanno contattato i 4 NOA sono stati 714. Il profilo medio è di un soggetto di sesso maschile (76%), di circa 44 anni, coniugato/convivente (54%), che abita con il partner e/o i figli, con il titolo di scuola media inferiore e con occupazione stabile (54%).
Nel 17% dei casi gli operatori non hanno definito un progetto terapeutico, principalmente perché il paziente è stato perso di vista dopo l’accoglienza o per rifiuto dello stesso. Dei 593 pazienti che invece hanno aderito al programma di trattamento 234 (39.5%) lo hanno concluso positivamente, mentre 246 (41.5%) sono considerati insuccessi terapeutici prevalentemente perché i soggetti sono stati persi di vista. Una ulteriore quota di pazienti (19%) risulta essere ancora in trattamento al termine dello studio.
Tra le caratteristiche dei pazienti emerge l’elevato numero dei pazienti alcolisti affetti da disturbo psichiatrico la così detta doppia diagnosi (64%) e i polidipendenti/poliabusatori (17%), i quali risultano abbandonare più facilmente i trattamenti proposti. Vi è una reale difficoltà nella gestione di questi pazienti e per questo sono in fase di realizzazione dei progetti che prevedono una consulenza psichiatrica nei servizi alcologici per la prima categoria di pazienti, mentre per i secondi è stata ipotizzata una maggiore collaborazione coi Ser.T..
Tra le diagnosi psichiatriche prevale il disturbo depressivo (27.5% dei soggetti), seguito dai disturbi di personalità (21%), dal disturbo d’ansia (10.2%); infine il disturbo psicotico si ritrova nel 5.7%.
Per quanto concerne il fenomeno del poliabuso e della polidipendenza dei pazienti, valutando sia la situazione pregressa, cioè antecedente il contatto con il servizio, che quella attuale.
Per la situazione pregressa, si rileva che il 25.2% dei pazienti presentava il fenomeno del poliabuso o della polidipendenza di/da una o più sostanze, mentre i pazienti che presentano poliabuso o polidipendenza al momento del contatto con il servizio sono il 17.4%.
E’ interessante rilevare che più di 2/3 dei poliabusatori o polidipendenti pregressi non hanno interrotto l’uso di sostanze legali e/o illegali.
Dalla tabella emerge che mentre i poliabusatori si sono mantenuti costanti rispetto al passato (15%, con prevalenza di psicofarmaci e tetraidrocannabinolo), i polidipendenti pregressi sono più numerosi degli attuali (8.7% verso 2.4%, con prevalenza di oppiacei). Questo dimostra che alcuni pazienti hanno una storia pregressa di tossicodipendenza e hanno sostituito nel tempo l’alcol all’eroina, mantenendo però spesso le caratteristiche personologiche e diagnostiche di tossicodipendenza.
Tra i pazienti poliabusatori o polidipendenti in cui prevale l’uso di alcol rispetto all’uso di altre sostanze si riscontra maggiormente l’abuso di psicofarmaci (5.3%), seguito dall’abuso di tetraidrocannabinolo (thc) (3.2%); mentre tra i pazienti in cui l’alcol è secondario prevale la dipendenza da oppiacei. Valutando i pazienti poliabusatori o polidipendenti pregressi rispetto agli attuali si rileva che in alcuni casi la diagnosi era primaria ed è rimasta tale, mentre in molti altri casi era secondaria ed è diventata primaria; infatti i pazienti con diagnosi primaria non hanno subito grosse variazioni rispetto alla situazione precedente il contatto con il servizio, mentre la percentuale di diagnosi secondaria tra i poliabusatori/polidipendenti attuali è diminuita dell’8% circa rispetto alla situazione precedente il contatto col servizio (da 10.5% è scesa al 2%).
L’età media dei pazienti poliabusatori o polidipendenti è 35 anni (9 anni inferiore all’età media generale); tale valore scende a 31 anni se si considera solo l’uso di sostanze illegali, si tratta quindi di pazienti molto più giovani rispetto alla totalità dell’insieme esaminato.
Nel primo anno di trattamento la probabilità di abbandonare il programma è molto elevata(46%). Questo ci porta a riflettere sul fatto che la fase più delicata e più importante per un successo terapeutico è quella di accoglienza e di aggancio del paziente, in cui è fondamentale instaurare col soggetto una relazione ignificativa,
entrando in empatia col paziente.

DISCUSSIONE

Dalla precedente analisi dei dati emergono le seguenti considerazioni in ordine alle caratteristiche degli utenti ed agli esiti dei trattamenti.

1) Tra gli utenti vi è una netta prevalenza di maschi rispetto alle femmine (76% verso 24%).

2) Una seconda considerazione riguarda l’età media degli utenti, che è di 44 anni, simile a quella riportata dai dati statistici nazionali.

3) Altro risultato da prendere in considerazione è che una elevata percentuale di pazienti (64%) presentano disturbi psichiatrici e che tra questi il più rappresentato è il disturbo depressivo seguito dal disturbo di personalità (21%), dall’ansia e dalla psicosi (5%). Il dato conferma le ottime capacità farmacologiche dell’alcol etilico, spesso assunto come «medicina» da persone che trovano in esso sollievo dalla propria sofferenza. E’ necessario porre particolare attenzione alla quota di pazienti
affetti da disturbo di personalità (borderline) e psicotico, la cui gestione è estremamente difficile e che richiede competenze specialistiche di cui il NOA non è dotato. Esiste una reale difficoltà nella gestione di questi pazienti e per questo è sempre auspicabile una stretta collaborazione con il servizio psichiatrico competente.

4) Un altro dato importante evidenziato dalla ricerca è la percentuale di utenti poliabusatori/polidipendenti (17%). Questo risultato conferma una caratteristica
dell’utenza dei NOA che si è modificata negli ultimi anni e dimostra che l’alcol si accompagna ottimamente a tutte le sostanze d’abuso, sfruttando la camaleontica capacità di procurare effetti diversi secondo dosaggi e modalità di assunzione (es. modulatore dell’agitazione in concomitanza dell’assunzione di cocaina, alleato nel
determinare torpore con l’assunzione di oppiacei e farmaci tranquillanti.). Questi pazienti sono assai difficili da trattare in quanto non sono proponibili per loro i percorsi classici di trattamento e sono tuttora allo studio esperienze di cura mirate al poliabusatore. L’età media di questi utenti è 34 anni, quindi molto più bassa rispetto alla media dell’utenza, tanto da renderli per questo motivo e per le caratteristiche personologiche, un gruppo di utenti a sè. Una possibile ed auspicabile strada da percorrere per migliorare l’offerta terapeutica serebbe la collaborazione, prima di studio, poi di progettazione e clinica, con il Servizio per le ossicodipendenze. Va infatti considerato che una buona quota di pazienti polidipendenti in passato (essenzialmente da oppiacei), con diagnosi secondaria di alcolismo, ha nel tempo trasformato la diagnosi in primaria, privilegiando l’uso soprattutto di alcol rispettoalle altre sostanze; tuttavia il passaggio all’alcol è stato solamente uno shift ad una sostanza simile negli effetti ma legale, con un sostanziale mantenimento delle caratteristiche personologiche del paziente e quindi diagnostiche di tossicodipendenza.
A conferma della inadeguatezza dei programmi proposti ai polidipendenti/poliabusatori, è possibile osservare che, se da un lato questa categoria di utenti aderisce con facilità dopo la fase di accoglienza ad un programma terapeutico, esprimendo quindi un bisogno di assistenza, dall’altro non porta a termine gli stessi programmi proposti.
5) Un’ulteriore considerazione riguarda il fatto che nel primo anno di trattamento la probabilità di abbandonare il programma è molto elevata (46%), tra questi è molto
rilevante la quota dei poliabusatori.

In conclusione sembra improrogabile una riflessione comune tra tutti gli attori che si occupano di dipendenza da sostanze per trovare una possibile risposta a questi
bisogni emergenti. Ritengo necessario rinnovare l’invito alle associazioni affinché non si chiudano e anzi rafforzino la collaborazione con i servizi specialistici, sempre
mantenendo la loro specificità ed autonomia ma, al fine di portare il loro enorme contributo di sapere e soprattutto di esperienza ai servizi ed anche per non essere soli nella gestioni di situazioni che immagino siano difficili anche per loro. La disponibilità al dialogo ed al confronto potrebbe produrre nuove metodologie di intervento più utili.

Tabella 5 - Patologie associate

  %
Patologie associate

 
Nessuna 138 19.3
Solo organiche 116 16.2
Solo psichiatriche 256 35.9
Entrambe 204 28.6
Patologie organiche    
Patologie dell’apparato digerente 90 12.6
Epatopatia cronica 80 11.2
Cirrosi alcolica 78 10.9
Patologie del sistema nervoso 64 9
Patologie cardiovascolari 62 8.7
Epatite alcolica acuta 38 5.3
Patologie psichiatriche    
Disturbo depressivo 196 27.5
Disturbo di personalità 150 21
Disturbo d’ansia 73 10.2
Disturbo psicotico 41 5.7

Tabella 7 - Poliabuso e polidipendenza

  Pregressi Attuali
  % %
Pazienti poliabusatori o
polidipendenti di/a una o più sostanze
180 25.2 124 17.4
Poliabusatori di una o più sostanze 118 16.5 107 15
Abusatori di psicofarmaci 58 8.1 57 8
Abusatori di tetraidrocannabinolo 50 7 52 7.3
Abusatori di stimolanti 26 3.6 25 3.5
Abusatori di oppiacei 24 3.4 12 1.7
Polidipendenti da una o più sostanze 62 8.7 17 2.4
Dipendenti da oppiacei 56 7.8 11 1.5
Dipendenti da tetraidrocannabinolo 19 2.7 8 1.1
Dipendenti da stimolanti 14 2 1 0.1
Dipendenti da psicofarmaci 7 1 6 0.8

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