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35simo Simposio Annuale di Alcol Epidemiologia della Societa' Kettil Bruun (KBS 2009)

Copenhagen, Danimarca, 1-5 giugno, 2009
Allaman Allamani

Il simposio si e’ tenuto nell’area dell’universita’ di Copenhagen, costituita secondo le tradizionali strutture nordeuropee da molte costruzioni a uno o pochi in mattoni rossi, mentre c’e’ una costruzione moderna a vetri in cui c’e’ l’aula magna.

Il tempo durante tutto il convegno e’ stato in parte caldo, umido e soleggiato, e gli ultimi giorni ventoso, freddo, a tratti piovigginoso. La partecipazione e’ stata assai ampia, raggiungendo e superando i 240 partecipanti, in gran parte sociologi, con alcuni psicologi e qualche psichiatra - di cui gli italiani 6 (oltre il sottoscritto, Franca Beccarla e la collega Sara Rolando, Silvia Ghirini e Claudia Gandin ,due colleghe dell’ISS collaboratrici di Emanuele Scafato, e Linda Montanari che pero’ lavora a Lisbona in Portogallo). Le riunioni si sono suddivise tra la plenaria e 4 aule per le sessioni parallele. Il martedi’ pomeriggio ci sono stati 10 meetings paralleli. Inoltre sin dal venerdi’ ci sono state alcune riunioni preliminari, in particolare il GENACIS, e altre.

Essendoci, oltre le plenarie, sessioni parallele, il presente rapporto e’ stilato su quelle sessioni a cui il rapportatore e’ riuscito ad essere presente.

Lunedi’ 1 giugno

Il simposio e’ stato aperto da una breve dichiarazione degli organizzatori Kim Bloomfield e Jakob Demant, e dalla presidente della KBS Kerstin Stenius.
(gli abstract e i paper si trovano in www.KBS2009)

Il convegno scientifico si apre con la presentazione sui Metodi misti quali-quantitativi tenuta da Alicia O’Cathain dell’Universita’ di Sheffield in GB., invitata al simposio. E’ secondo lei importante legare i dati sociologici epidemiologici quantitativi con gli aspetti qualitativi, quali le a credenze e gli atteggiamenti, spesso legati alle ipotesi di lavoro. Anche gli aspetti dei costi sono importanti nel decidere il tipo di metodologia Nella ricerca, i due aspetti andrebbero evidenziati, anche a livello di pubblicazione.

Florian Labhart, Gerhard Gmel, del SIPA (Swiss Institute for the Prevention of Alcohol and Drug Problems, Switzerland) riportano poi sul bere pubblico nei centri cittadini – un approccio con “metodo misto” quali quantitativo, per cui in cinque citta’ svizzere hanno osservato il comportamento dei cittadini come individui e come gruppo.

Anja Koski-Jännes, Tanja Hirschovitsch-Gerz, Marjo Pennonen, Milla Nyyssönen el Department of Social Research, University of Tampere hanno presentato: Representations of addiction from inside and outside – the case of Finland. Le immagini della dipendenza variano nel tempo e con le culture. Ci sono studi che riguardano la percezione dei clienti, dei professionisti, della societa’. Ci si basa sulla teoria delle rappresentazioni sociali di Moscovici (1961) e sulla responsabilità’ sociale di Brickman e colleghi. Si identificano la responsabilita’ di curare il problema e quella per prevenirlo. La gente comune, si ipotizza, sostiene il modello morale, i professionisti il modello compensatorio o medico; i clinici sostengono un misto dei vari modelli, e i clienti attribuiscono il loro problema di dipendenza piu’ alle circostante che a se stessi. I risultati delle interviste, che usano un metodo misto, indicano che i clienti con dipendenza in particolare da droga biasimano se’ stessi anche piu’ degli altri.

Il commento di Jeannette Ostergaad e’ che siamo solo all’inizio di una buona integrazione dei metodi misti qualitativi-quantitativi. La combinazione dovrebbe migliorare le conoscenze piu’ che l’uso del solo metodo qualitativo o solo quantitativo (in effetti come si puo’ generare un’ipotesi di uno studio quantitativo senza un’ipotesi che e’ di per se’ qualitativa?).

Geoffrey Hunt, con Adam Fazio, Molly Moloney, Institute for Scientific Analysis ha presentato Alcohol, Gender and Social Contex riferendo su interviste nei luoghi musicali, dove le interviste dimostrano che il problema delle violenze e molestie sessuali alle donne da parte degli uomini e’ piu’ percepito dai maschi che non dalle donne stesse, ed e; rivolto agli altri maschi che secondo loro non percepiscono il problema , in un processo di alienazione (verso l’altro) della difficolta’ di controllarsi.

Katariina Warpenius, con Marja Holmila, di Helsimki, hanno presentato Outcomes and sustainability of the Finnish community-based prevention project – PAKKA.(2004-2007), che si e’ proposto di fare iniziative coordinate per limitare la disponibilita’ di alcol per i giovani, e giovani adulti, promuovere vendite responsabili del bere, cambiare gli stili di vita riducendo la ubriachezza e le attitudini e norme della comunita’ . E’ stato fatto un aproccio quasi-sperimentale servendosi di comunita’ di controllo. L’approccio a multi-componenti e’ promettente e infatti i siti dell’intervento hanno avuto risultati migliori (non significativi statisticamente) dei luoghi di controllo, riguardo lo sviluppo del servir bere responsabilmente (con rifiuto a servire ai clienti ebbri) , la violenza alcol correlata nei locali autorizzati, e nelle afferenze ai pronti soccorsi di notte e di fine settimana. Invece ci sono stati miglioramenti simili nei luoghi sia di intervento sia di controllo riguardo l’aumento della restrizione sulle eta’ dei consumatori, e la diminuzione del bere di chi non ha l’eta’. Puo; darsi che le politiche di intervento si siano diffuse anche nei luoghi di controllo. C’e’ stata anche qualche forma di istituzionalizzazione di alcuni tipi di interventi nella comunita’, dopo la fine del progetto , in quanto alcuni attori hanno “appreso” quanto proposto dal progetto.

Mimmi Eriksson, Börje Olsson, del SoRAD - Stockholm University hanno presentato Workplaces as arenas for alcohol prevention - initiative, implementation and first results.Hanno fatto un progetto di prevenzione in una compagnia di assicurazione, con una compagnia assicurativa di controllo, a Stoccolma. E’ stato raggiunto un effetto significativo sulla consapevolezza del bere da parte degli impiegati.

Nel pomeriggio del lunedì, Jan Blomqvist del Centre for Social Research on Alcohol and Drugs (SoRAD), Stockholm University, Sweden, ha presentato What is the worst thing you could get hooked on? Popular images of addiction problems in contemporary Sweden. Secondo ancora Brikman, si possono distinguere modelli dell’aiuto e del fronteggiamento, operativizzati in biasimo e capacita’ di controllo. Coloro che dipendono da sostanze piu’ mondane (tabacco e gioco) sono in Svezia considerati come aventi cattive abitudini e devono regolarsi da se. Quelli con sostanze piu’ rare sono peccatori o vittime. Le sostanze “di mezzo” sono considerate alcol e cannabis.

Riikka Perälä, Finnish Foundation for Alcohol Research, The Finnish Blue Ribbon, ha presentato Municipalities and Third Sector Organisations As Partners in Finnish Substance Abuse Treatment: What Kind of Care, to Whom and With What Conditions?

Franca Beccaria, Franco Prina, Sara Rolando, di Eclectica - communication & research, e , Universita’ di Torino, hanno presentao Alcohol and generations. Changes in style and changing styles, un’indagine sulla percezione del sistema di trattamento degli alcolisti in Piemonte, che indica poca coerenza di trattamento.

Paul J. Gruenewald, con Diana La Scala, del Prevention Research Center, ha parlato della Generative Social Theory and Computational Models of Outlet Effects, e della probabilita’ che i vari locali dove si serve alcol richiamino i comportamenti violenti per via dei processi di segregazione - che determinano l’aggregazione dei piu’ violenti tra di loro grazie al contesto dei locali in cui si trovano a bere. Tutto e’ legato alla memoria dell’attrazione o della repulsione, sentirsi attratti o repulsivi da persone che si vedono in quei locali.

Karin Helmersson Bergmark con Anders Bergmark, Universita’ di Stoccolma, ha parlato della diffusione della addizione tra gli usatori di internet.

Marie Claire Van Hout. Del Waterford Institute of Technology, Irlanda, ha presentato il consumo di alcol tra i”viaggiatori” ( Rom migrati in Irlanda nell’ottocento) in Irlanda.

Tarja Orjasniemi, dell’Universita’ della Lapponia, ha parlato delle Stereotyped ideas about Drinking Cultures in Lapland – In Wet Province. In Lapponia si consuma assai piu’ che in Finlandia: 10,42 litri di alcol per capita, (Finlandia sino ad arrivare a circa 50 litri a in alcune aree. Ci viene ricordato che ci sono almeno 3 culture del bere in Finlandia. Invece per i Sami, popolazione a nord della Lapponia non c’e’ consapevolezza del bere, ne’ c’e’ educazione al bere.

Martedi’ 2 giugno

La mattina, dopo il saluto ufficiale del Direttore del Centro Nazionale per la Promozione ella Salute e della Prevenzione delle Malattie, e del Direttore del settore per i Socialmente Marginalizzati del Ministero degli Interni e degli Affari Sociali, inizia con tre presentazioni:

Pekka Sulkunen, Department of Sociology, University of Helsinki con Guiding from a Distance regulating drinking in consumer societies;

Robin Room, School of Population health, University of Melbourne and AER Centre for Alcohol Policy Research, Turning point Alcohol & Drug Centre ha presentato: What Are the Rese arch Needs and Priorities for Alcohol Policymaking? A View from Melbourne (vedi allegato);

Ann Hope , della School of social work and social policy, Trinity College Dublin, Ireland, ha riferito su Attitudes to Alcohol Policy in Ireland: A mandate for action? (vedi allegato).

Durante la discussione, un collega ugandese ha sottolineato come sia importante considerare, nelle politiche, anche la presenza dell’industria alcolica.

In seguito, Paul J. Gruenewald con William R. Ponicki, Prevention Research Center di Berkeley, CA 94704, ha presentato A Simple Mathematical Analysis of Drinking Patterns and Drinking Contexts (vedi allegato). Il rischio si pone in un continuo che inizia, in modo piuttosto basso, con te bevute,.

Reginald G. Smart, con Robert E. Mann1, Gina Stoduto1, Evelyn Vingilis, Mark Asbridge, del Centre for Addiction and Mental Health, Toronto, Ontario, Canada, ha presentato Alcohol and Drinking Factors in Collision Risk . Si trova che salendo con le quantita’ del bere, a un certo punto si ha un minore effetto sugli incidenti: i forti bevitori avrebbero meno incidenti. Si tratta che acquisiscono una maggiore attenzione, di uno stile di vita diverso?oppure non guidano piu’? Forse sarebbe interessante uno studio sugli incidenti stradali negli alcolisti dei servizi alcologici, oppure una rianalisi dei dati di AA del 2000.

Nel pomeriggio Guillermina Natera, con Perla Medina, Leticia Echeverría, Sarahí Alanis, Marcela Tiburcio Ramón de la Fuente, del National Institute of Psychiatry, Messico, ha presentato il suo intervento: Is it Possible to Determine the Cost-Effectiveness of Brief Interventions in Relatives of Alcohol Consumers through the Markov Models? Studiando l’intervento sui parenti dei consumatori in eccesso di alcol – in pratica donne- in un’etnia locale (Opoti?), si e’ dimostrata la efficacia nei costi di questi tipo d’intervento.

Franca Beccaria con Franco Prina e Sara Rolando propone “Alcol e generazioni in Finlandia e in Italia, cambiamento nello stile e stili che cambiano, parte di uno studio compiuto in collaborazione con i finlandesi. Sono stati realizzati sedici gruppi focali, coinvolgendo 100 persone. Tra i giovani e le altre classi di eta’, i significati restano simili, anche se le pratiche cambiano. Il commento di Sidsel Eriksen e’ che la maggiore aggregazione giovanile di oggi e’ favorita anche da una mobilita’ maggiore dovuta anche all’uso di motori.

Mercoledì 3 giugno

Nella mattina, tra gli interventi, ci sono stati quelli di Jenny Cisneros Örnberg, Centre for Social Research on Alcohol and Drugs (SoRAD) Stockholm University, su Alcohol Marketing Policies in Sweden and the EU (vedi) e Henk Garretsen, Tranzo, Tilburg University, Olanda su The end of an era? Reflections on Dutch policies towards alcohol and illegal drugs(vedi).

Giovedi’ 4 giugno

Si inizia con le presentazioni di Emmanuel Kuntsche, e coll. ISPA Losanna, che hanno parlato di Becoming uniform? Evidence on cultural and gender convergence in adolescent drunkenness, e di Mallie J. Paschall con Grube e Kypri, PRC Berkeley su Alcohol Control Policies and Alcohol Consumption by Youth:A Multi-National Study (vedi); e di Laurie Drabble, con Nancy Poole, Raquel Magri, Nazarius Mbona Tumwesigye, Qing Li, che ha riferito su Conceiving Risk, Divergent Responses – Perspectives on the Construction of Risk of FASD in Five Countries, che descrive i diversi livelli di informazione e di attenzione riguardo i disturbi materno fetali da alcol in Canada, Uganda, Uruguay, Cina.

Nell’intervallo Geoffrey Hunt ha fatto una commossa commemorazione di Hermann Fahrenkrug, scomparso nell’aprile scorso.

In una sessione parallela, in seguito, hanno parlato, Silvia Ghirini e Claudia Gandin,-

Istituto Superiore di Sanità (ISS)- Italia su Characteristics of hazardous alcohol drinkers and preventive strategies in Italy (vedi).

Nel pomeriggio Allaman ha presentato A training oriented approach for a customised alcohol treatment program realizzato a Villa Silvia, Senigallia (vedi). I suggerimenti della commentatrice di Katariina Waarpenius a proposito sono stati di: chiarire la costruzione del questionario; avere una valutazione paragonabile alla valutazione di base; chiarire il pre e post test; far capire l’organizzazione della clinica; quali professioni e in che proporzione erano presenti nel training; aver un paragrafo dedicato solamente all’analisi delle opinioni, il che darebbe piu’ chiarezza al testo. Klingemann ha chiesto se ci fossero conflitti e tra quali professioni.

Peter Nyggaard del Norwegian Institute for Alcohol and Drug Research, presenta use and barriers to use of screening and brief intervention for alcohol problems among Norwegian general practitioners. I medici di medicina generale norvegesi, interrogati mediante questionario, riferiscono che non usano strumenti di screening, ma che fanno interventi sui problemi alcol correlati. Cio’ che appare sostenerli nell’intervenire sono conoscenza e autoefficacia. Tra i punti che sono riferiti come preminenti nella relazione con i bevitori con problema sono la comunicazione nonche’ la preoccupazione sugli effetti negativi per la relazione che possono derivare dal parlar di alcol con gli utenti. Aspetti strutturali ricordati sono quelli relativi ai rimborsi e al tema prevenzione/trattamento – laddove i medici paiono poco interessati alla prevenzione. Lo studio prevede successivamente interviste con gruppi focali di medici, in cui il ricercatore si impegnera’ a dare piu’ rilevanza alla competenza dei medici stessi.

Vengono poi proposte due relazioni, la prima di Jane Witbrodt, con Jason Bond, Alcohol Research Group e Kevin Delucchi, University of California, San Francisco su Predictors of Alcoholics Anonymous Utilization among US Males and Females: A Longitudinal Analysis.La seconda e’ stat di Harald Klingemann & Veronica Gomez Kirchlindach, Svizzera su Masculinity and addiction, Bringing men’s treatment needs back to the research agenda.

Si riporta qui il commento di Allaman, che era stato incaricato di discutere i due articoli.

L’articolo di Jane Witbrodt, Jason Bond e Kevin Delucchi e’ complesso. In un periodo dove ormai da tempo negli USA Alcolisti Anonimi e’ cosi’ pervasiva nella societa’ e nell’ intrecciarsi coi trattamenti formali – in Europa, secondo i vari paesi, la condizione di AA e’ piu’ varia e in qualche modo meno diffusa – che ci sono ancora studiosi che non credono nell’efficacia di AA, gli autori prendono una netta posizione a favore dell’efficacia di AA, da sola o in interazione con i programmi formali di trattamento.

Lo studio e’ stato compiuto su un campione di 927 soggetti giunti la prima volta a 10 servizi o cliniche sia pubbliche sia private nel 1996 e nel 1997, sottoponendo i soggetti a periodiche interviste con numerosi test durante i successivi 7 anni. Ai fini di evitare i problemi della ripetizione delle misurazioni si e’ usato il sistema GEE– Stata Version 10. Le principali conclusioni, penso, sono le seguenti:

(risultati comprensibili da una semplice prospettiva sociale, e in particolare anche il secondo se si pensa che le persone sono state selezionate in un luogo di trattamento formale con una pregressa frequenza in AA superiore al 50% per ambo i generi)

(questa differenza di genere risultato e’ dichiarata inatteso, ma non spiegata. Si potrebbe spiegare che l’uomo ha piu’ bisogno di una spiegazione per cosi’ dire coerente (la religiosita’) per la sua frequenza ad AA, e la donna si serve di AA in funzione del suo bisogno di relazioni, con minor bisogno di riferirle alla possibile cornice religiosa di AA?).

L’articolo, inoltre, porta due concetti:

Nella mia pratica professionale e nel mio credo la dipendenza e’ na condizione recidivante. Tuttavia tutto questo e’ in realta’ una conferma delle concezioni dominanti nel trattamento, implicite anche che i soggetti sono stati selezionati all’interno di un sistema di trattamento, e con storie di trattamenti misti AA/programmi formali. Forse, per amore della conoscenza, dovremmo cominciare a tener presente anche opzione alternative, ad es. sfida all’ipotesi che cio’ sia una costruzione e un’attesa medica e sociale, e che i fenomeni le cosiddette ricadute potrebbero essere in realta’ condizioni non correlate.

Gli autori focalizzano sulle time invariant measures delle religious belief and practices . Credo che mentre le condotte religiose possano essere misurabili, misurare la spiritualita’ sia intrinsecamente contradditorio, perche’ misura – razionalita’ – e spirito sono dimensioni diverse. Si possono misurare gli effetti, ma non se ne capisce l’origine. Altrimenti si va nel puro soggettivismo, come la affermazione che ‘ho avuto un risveglio spirituale’, che attiene alla mia personale esperienza, confrontabile solo all’interno di altre esperienze che si propongono come spirituali.

Infine: mi pare troppo rapida, come se fosse giustpposta, la conclusione che based on these results, we suggest that treatment providers tlak to their cliente about AA’s spiritual oreintation, encouraging them to keep an open mind about the “God talk”.

Se non altro, tralascia di considerare quanto gli operatori conoscano o condividano l’orientamento spirituale di AA. A mia conoscenza, nel mio paese non e’ il caso.

L’articolo di Harald Klingemann e di Veronica Gomez e’ assai interessante, e apre argomenti di solito trascurati. Si tratta di una ricerca condotta su 200 pazienti maschi in due cliniche alcologiche svizzere – con un controllo di un campione appaiato di 200 persone della popolazione generale- intervistati mediante una serie di test alla 5 settimana dalla loro degenza (cioe’ a circa al fine del primo terzo della loro degenza). I risultati principali sono:

I principi a cui si rifa’ Harald sono anzitutto la distinzione dell’uomo:

androgino

maschile femminile

indifferenziato

I dipendenti maschi condividono orientamenti piu’ tradizionali sul ruolo maschile, ma sono assai esposti alle conseguenze di una perdita di tale ruolo.

Ammettere la debolezza e’ difficile.

Questo quadro richiama le illuminanti idee di Ernst Kurtz (e.g. “Not God”) sull’alcolista come “homo astenicus” incapace di sostenere la competizione e destinato al fallimento, il cui problema e’ di vergognarsene e quindi di non avere la consapevolezza del fallimento.

Le risposte alle domande sembrano indicare da un lato la modestia del trattamento delle cliniche, che come in varie parti del mondo rispondono alla domanda dell’immediato (indurre la cessazione dell’uso di sostanza) trascurando altri aspetti non direttamente legati all’uso di altre sostanze o a diagnosi psichiatriche, quali la sessualita’, il ruolo di genere, la relazione con la famiglia di origine.

Dall’altro assumere direttamente le proposte terapeutiche dei rispondenti porterebbe, credo, il ricercatore alla collusione col paziente in una sorta di triangolazione con la struttura, e quindi proponendo trattamenti o non presenti nella struttura (“non terapeutici”) o terapia individuali non previste.

Sappiamo peraltro che in generale gli adeguati trattamenti per gli alcolisti sono il gruppo, con una protetta e amorevole esposizione alla vergogna, da cui inizialmente l’alcolista inizialmente rifugge preferendo il tradizionale modello terapeutico uno/uno dove e’ possibile che attraverso la manipolazione verbale niente cambi.

Un terzo orientamento (la quinta settimana apparendo un tempo sufficiente per una relazione di fiducia tra paziente e contesto) puo’ essere la comprensione del modello di trattamento della clinica (di cui niente dice l’articolo) e un suo miglioramento in termini di terapeuticita’. In questo senso andrebbero indagati:

In una sessione successiva Scott Macdonald, con Tim Stockwell, Victoria (Canada) ha riferito sulla relationship between alcohol problems, perceived risks and attitudes toward alcohol policy in Canada. Piu’ le persone bevono, meno sentono la gravita’ dei problemi, mentre gli astemi sentono di piu’ la preoccupazione. Si prevedono tipicamente strategie p.e. di abbassare le tasse per le birre a bassa gradazione. Norman Giesbrecht, con Janet McAllister Centre for Addiction and Mental Health, Toronto, Ontario, ha presentato From a Blue print to a Building: Challenges and Resources for Implementing Alcohol Policy Frameworks, in cui si fa riferimento all’ aumento dei consumi con la parallela riduzione che e’ occorsa nelle politiche di controllo, in relazione alla maggiore liberalizzazione del mercato.

Giovedi’ sera c’e’ stata la tradizionale cena sociale, con 105 persone sistemate in uno splendido salone con affreschi e un ambone, usato nelle celebrazioni universitarie di rilievo. La cena, con piatti apprezzabili, e’ stat vivacizzata da clown vestiti da camerieri che hanno interagito anche coi ricercatori presenti.

Venerdi’ 5 giugno

Venerdi’ 5 giugno vede la presentazione di Nazarius Mbona con Rogers Kasirye, che compara dati della Nigeria, Uganda, GB sulle modalita’ del bere: l’Uganda avrebbe un consumo per capita annuo di 20 litri di alcol puro, ma e’ un dato discutibile per le fonti non sicure. Maria Lima, con Florence Kerr-Correa, Jurgen Rehm riporta sulle modalita’ del bere e il rischio di malattia coronaria in America Latina, laddove si conferma che il bere “binge” , e gli astinenti, sono le condizioni a rischio per il cuore.

Jonas Landberg, Stoccolma, parla di alcol e omicidio in Russia e in USA, riferendosi agli effetti dell’alcol, alla frazione alcol attribuibile, e alla predizione del tasso di omicidi attraverso l’andamento dei consumi; si vede che la AF e’ maggiore in Russia che in USA,con l’aggiunta di fattori culturali, e che gli omicidi sono superiori in Russia. Robert Nash Parker (University of California Center for Addiction and Mental Health USA), con Ann Hope e Norman Giesbrecht, parla di uno studio “serie temporali” (1950-2006) di alcol e aggressione in 3 paesi – S.U. d’America, Irlanda, Canada. Usa l’ARIMA, soffermandosi sulla funzione di auto-correlazione. La forza dell’approccio time series e’ che si cercano le relazioni nel tempo, e sono queste a valere piuttosto che la relazione dei fenomeni in un dato momento, che puo’ essere erronea. Vedi sotto.

[Alcohol and Assault: A Comparative Time Series Analysis
The relationship between assault and alcohol consumption on the national level is examined with time series data from Ireland, Canada, and the United States between 1950 and the present. Although much research has examined the link between alcohol and homicide, assaults impact a much greater segment of society. If alcohol is found to be a cause of assault, the potential for harm reduction by means of alcohol policy is highly significant.
Questions examined include: is the relationship similar across these three societies? Are there key time points that result in an upturn or downturn in assaults led by a similar change in consumption? Is the relationship different across the three countries for serious as opposed to minor assaults? Consumption is measured annually in terms of alcohol content of all beverages sold, and assaults are measured as serious or minor, relying on police based sources. Separate ARIMA models are estimated for each pair of series, and compared and contrasted across countries. The results indicate the utility of comparative time series analysis and a call for a larger collection of data for many nations is issued based on the promising nature of these findings.]

Il simposio si e’ concluso, come al solito, con la riunione dell’associazione e I bilanci economici e scientifici. Dietro richiesta di molti, ho fatto presente la possibilita’ che Firenze ospiti KBS 2012; di cio’, ho detto, saremo in grado di dare conferma o meno l’anno prossimo a Losanna.



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