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I Dodici Passi sono un fondamento
per il recupero personale.
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Convegno di Alessandria 13 Ottobre 2007

TESTIMONIANZA DEL PROF. GASPARE JEAN SUL “RISVEGLIO SPIRITUALE”
META DEL 12° PASSO

Prof. Gaspare Jean

Nel libro “Il Linguaggio del Cuore”, Bill fa risalire il valore curativo della esperienza spirituale di AA a C.G.Jung che, riconoscendo l’impotenza della psicoanalisi nel curare gli alcolisti, sottolineava che solo una esperienza religioso-spirituale poteva giovare; successivamente Jung confermava in una lettera a Bill questa convinzione con l’aforisma, noto a tutti gli AA, “Spiritus contra spiritum”.

Ma cosa AA intende con esperienza spirituale, fattore determinante del recupero? Ho riletto varie testimonianze raccolte in libri e pubblicazioni varie di AA, AlAnon, Alateen, NA, CoDA; in particolare ho posto attenzione alle idee e “parole chiave”che vengono espresse per testimoniare quelle esperienze di vita hanno portato a quel risveglio spirituale auspicato nel 12° passo come obiettivo del recupero.

E’ evidente che, se il recupero dell’alcolismo coincide con un risveglio spirituale, la acuzie della malattia è caratterizzata da un “addormentamento spirituale” espresso con le parole “orgoglio, bugie, perfezionismo, finzione, egoismo, intolleranza, impazienza”. Queste parole sono tutte abitualmente pronunciate dagli alcolisti quando descrivono il periodo della loro vita dominato dal potus.

Non così univoci sono i concetti espressi per descrivere questo risveglio spirituale.

Nelle testimonianze che ho riletto, mi sembra che una prima distinzione venga fatta tra esperienze intellettuali e esperienze spirituali; il ricordo che emerge dalle testimonianze è senz’altro una esperienza intellettuale seppure modulata dalla percezione che uno avverte nella propria coscienza; col procedere del recupero a questa originale testimonianza si aggiunge una componente fideistico-religiosa con al centro il “Potere Superiore”; come dice Bill, le esperienze unicamente intellettuali
sono utili, ma affidarsi alla fede in un Potere Superiore sembra essere una “medicina più forte” per raggiungere la sobrietà.

Potere Superiore che nella maggioranza delle testimonianze viene identificato con “Dio” , meno spesso come “Forza” che emana dal gruppo; peraltro questo ultimo concetto viene spesso usato per affiliare al gruppo alcolisti atei o agnostici.

C’è però una differenza sostanziale tra il Dio oggetto di fede nei 12 passi e la concezione che hanno le religioni; le religioni ci invitano a credere in Dio, nei 12 passi si invita a concepire Dio secondo una percezione individuale o di gruppo (vedi 2° tradizione in cui in ogni gruppo “si manifesta una coscienza “ di Dio).

Nelle testimonianze di gruppo è possibile constatare come ognuno concepisce il Potere Superiore in modo diverso; tuttavia è possibile enucleare due filoni principali: la concezione di un Dio amorevole e quella di un Dio che detta una norma, una regola per una esistenza ormai divenuta incontrollabile. Le due concezioni si intersecano spesso nella stessa testimonianza essendo intercorrelate; un Potere Superiore normativo non viene però assimilato alla concezione del “Super-Io” di alcune scuole psicologiche, essendo pensato come esterno al soggetto e non all’interno della propria coscienza.

La fede nel Potere Superiore viene descritta come rinuncia ad una concezione di onnipotenza che ci permette di affidare a Dio la propria vita incontrollabile, come richiesta a modificare i propri “difetti di carattere”.

Quali sono le doti che una persona con dipendenza deve sforzarsi di realizzare per avere un “risveglio spirituale”? La dote più frequente nelle testimonianze è l’umiltà, cosa che si acquista dando all’anonimato un significato non solo di difesa nei confronti dell’opinione pubblica, ma di esperienza spirituale quando ci si prefigge di non raggiungere né un successo personale né l’approvazione all’interno del gruppo; lo stile di vita proposto è quindi opposto alla spettacolarità perseguita e reclamizzata nella vita odierna.

In alcune testimonianze sull’umiltà si va fino all’ascetismo, quando si afferma che la volontà di Dio si manifesta nella persona dipendente permettendo la correzione dei difetti di carattere, cosa impossibile se ci si affida solo alle proprie forze. La persona con dipendenze così non è mai sicura che il proprio impegno nel percorrere i 12 passi lo porti ad una maggiore maturazione psicologica ed alla libertà; solo affidandosi al Potere Superiore può pensare di percorrere il cammino che viene indicato nel Gruppo.

Le testimonianze però tendono a interfacciare l’umiltà con la responsabilità: responsabilità di permettere che gli insegnamenti del Gruppo si palesino attraverso la “conversione” del dipendente.

Nasce allora un altro concetto che trova conferma in molte delle testimonianze lette: la speranza.

La speranza dà tanto il coraggio della azione responsabile quanto il coraggio di affrontare un eventuale insuccesso dell’azione (anche la ricaduta)

Avere più coraggio di cambiare le cose è un miraggio che conclude molte testimonianze prese in esame.

Quindi umiltà di affidarsi ad un Potere Superiore, responsabilità, speranza, coraggio, saggezza sono tutti fattori attraverso cui si valuta quel risveglio spirituale meta del 12° passo.

In termini più psicosociali mi sembra che tutto questo possa dire un più elevato livello di empowerment che permetta di avere uno stile di coping tale da sostituire la dipendenza facendo ricorso a potenzialità interiori.

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