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Sanremo 20-22 settembre2006

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO NEI SETTING RIABILITATIVI

Dr. Giovanni Luca Galimberti

Prima di esaminare rapidamente i trattamenti farmacologici utili nelle diverse fasi del trattamento dell’alcolismo in ambito riabilitativo è necessario puntualizzare con forza che il trattamento dell’etilismo deve essere di tipo integrato e multidisciplinare al fine di curare tutti gli aspetti della patologia e di permettere la presa in carico della complessità della persona. Le terapie farmacologiche pertanto vanno intese come parte del progetto terapeutico che si costruisce nel gruppo di lavoro, di intesa con i collaboratori di altre professionalità.
Fatta questa necessaria premessa si deve rilevare che, per quanto concerne la parte della terapia farmacologica, l’intervento contiene già in sé elementi di grande
complessità, tanto che in letteratura non esistono protocolli operativi sempre applicabili a livello ambulatoriale, bensì riservati ai casi d’urgenza come per le astinenze gravi.
Pertanto più che costruire schemi trattamentali rigidi, che sono sempre lacunosi per le enormi variabili che caso per caso complicano il quadro, si cercherà di dare indicazioni sulle terapie utili, sul loro razionale, lasciando poi spazio ai momenti di lavoro di gruppo per gli approfondimenti.
La terapia farmacologia dell’alcolismo può in sintesi perseguire i seguenti obiettivi:

Oltre agli obiettivi sopra citati vale la pena soffermarsi rapidamente sul trattamento dell’intossicazione da alcol, che ovviamente non è condizione esclusiva del
dipendente da alcol.
L’intossicazione da alcol viene definita dal DSM IV (fig 1).
Il trattamento farmacologico di questa condizione non è sempre necessario ed è strettamente correlato al grado di intossicazione ed alla pericolosità della stessa Laddove si ravvede la necessità di intervento, lo stesso verte a ridurre i danni causati dall’alcol ed al controllo dei sintomi (fig 2).

FIG. 1
  • Comportamento maladittivo clinicamente significativo o modificazioni psicologiche che si sviluppano durante o poco dopo l’assunzione di alcol
  • Uno o più dei segni seguenti che si evidenziano durante o poco dopo assunzione di alcol:
    1. Pronuncia indistinta
    2. Incoordinazione
    3. Marcia instabile
    4. Deficit di attenzione o di memoria
    5. Stupor o coma
  • I sintomi non sono dovuti ad una condizione medica e non possono essere meglio spiegati con altro disturbo mentale

FIG. 2
  • Valutazione dei parametri cardiorespiratori
  • Paziente vigile ed agitato : tiamina 100mg im+folato 15mg im+lorazepam 1-3mg die os/ev
  • Paziente vigile con allucinosi : tiamina 100mg im+folato 15mg im +aloperidolo 2-10mg die os/im
  • Paziente comatoso : tiamina 100mg im/ev + sol destrosio al 50% ev – naloxone
  • In caso di:
    • Ipoglicemia: sol glucosata 5-10% ev
    • Ipotensione: sol ringer acetato o lattato 2000ml in 2h, con eventuale correzione eq. acido-base, dopamina 5mcg/Kg/die + ev. adrenalina 0.002mcg/Kg
    • Acidosi metabolica: NaHCO2

Un capitolo di importanza rilevante spetta alla cura delle sindrome di astinenza da alcol. A questo proposito vale rammentare che tra tutte le sindrome astinenziali da
sostanze d’abuso quella da alcol è sicuramente la più pericolosa, potendo condurre a morte il paziente nei casi più gravi. In considerazione della gravità della condizione la fase diagnostica diviene fondamentale. La valutazione è prettamente di tipo clinico, ponendo molta attenzione all’anamnesi alcologica del paziente. E’ stata proposta al fine di una valutazione più oggettiva una scala di valutazione: la CIWA (clinical institute withdrawal assestment), che indaga la presenza e misura la gravità dei sintomi correlati all’astinenza.
Nei casi più complessi in cui è presente in anamnesi uno o più episodi di delirium tremens, una condizione fisica deteriorata ed una storia di abuso alcolica lunga e
pesante nelle quantità è indicato il ricovero ospedaliero. Viceversa con le varia gradazioni di gravità il tratta,mento farmacologico può essere effettuato a livello
ambulatoriale con l’utilizzo, ove possibile, di infusioni endovenose mediante fleboclisi. Tale pratica oltre all’indubbio vantaggio farmacologico permette di mettere in atto una strategia, a mio avviso, fondamentale che riguarda la fase di accoglienza e di “maternage” del paziente, che nella mia esperienza riduce di molto l’insorgenza delle complicanze dell’astinenza. Nella figura 3 sono riportate sinteticamente alcune norme generali per il trattamento dell’astinenza, come sopra riportato modalità e dosaggi devono essere rapportate alla gravità della condizione.

FIG. 3
  • Norme generali: riposo, nutrizione e maternage
  • Complesso vitaminico tipo B
  • Benzodiazepine o acido gammaidrossibutirrico
  • Tiapride
  • Beta bloccanti
Complicata da Delirium Tremens (può insorgere fino al 5 giorno, mortalità 15%)
  • Monitoraggio dei parametri vitali
  • Benzodiazepine o acido gammaidrossibutirrico
  • Complesso vitaminico B
  • Neurolettici (attenzione all’abbassamento della soglia convulsivante)

A questo proposito merita almeno un breve cenno la scelta della benzodiazepina, in considerazione del fatto che questa categoria di farmaci è quella principale nel
contrastare l’astinenza.
Tra le benzodiazepine utili le più utilizzate sono:

Il diazepam sembra essere il più efficace per le caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche:

Lorazepam ed oxazepam non sono soggetti a metabolismo epatico e possiedono un’emivita più breve (10 e 8 ore rispettivamente), sono consigliate per i pazienti
affetti da epatopatie gravi, prima scelta l’oxazepam (15/30mg/die) e per gli anziani, prima scelta il lorazepam (1-5mg./die). Il lorazepam è inoltre ben assorbito quando somministrato per via i.m.
L’attenzione dovuta rispetto la possibilità di abuso (sempre presente nei nostri pazienti) implica un ulteriore considerazione sulla scelta della benzodiazepina: infatti
diazepam e lorazepam hanno rapida insorgenza degli effetti farmacologici, pertanto è pensabile che siano preferibili per una finalità di abuso rispetto l’oxazepam che
presenta un inizio di attività più lento.

Il vasto e complesso capitolo delle terapia farmacologiche a lungo termine dell’alcolismo (fig.4) non è particolarmente ricco di farmaci specifici, si amplia di molto se vengono considerate anche quelle categorie di farmaci psichiatrici, utilissime specialmente in quei casi in cui vi sia la compresenza di un disturbo psichiatrico (doppia diagnosi) e l’alcol viene assunto con modalità automedicamentose.
Una serie di molecole sono allo stato studiate per un possibile utilizzo in campo alcologico, tra queste citiamo il baclofene e il topiramato.

FIG. 4
  • Disulfiram
  • Acido gammaidrossibutirrico (GHB)
  • Naltrexone
  • Acamprosate
  • Se disturbi psichici specifici sottostanti:
  • ansiolitici
  • antidepressivi
  • stabilizzatori dell’umore
  • neurolettici

Analizzeremo uno per uno i farmaci utili per contrastare il craving e prevenire la ricaduta, partendo dal farmaco “storico” nel trattamento dell’alcolismo:

DISULFIRAM
il meccanismo del farmaco è di tipo “punitivo”, infatti inibisce l’enzima aldeide-deidrogenasi, provocando un accumulo di acetaldeide, fortemente tossica, nell’organismo in caso di assunzione di alcol. Si tratta pertanto di un farmaco avversivante. La reazione tossica è direttamente proporzionale alla quantità di alcol assunta. La terapia deve essere iniziata dopo almeno 24/48 ore dall’ultima assunzione di alcol, con dosaggi dai 125mg ai 500mg die. Data l’emivita piuttosto lunga del farmaco la somministrazione può essere effettuata a giorni alterni.
Il recupero completo dell’attività enzimatica richiede c.ca 6 giorni. Necessaria la completa compliance del paziente, che deve essere edotto dei possibili effetti in caso
di assunzione di alcol. Assolutamente da vietare pratiche di somministrazione senza informare l’etilista (accordi “sottobanco” con famigliari etc.)!
Controindicazioni: gravidanza, severa epatopatia, neuropatia periferica, insufficienza renale, gravi problemi psichiatrici e soprattutto cardiopatie.

Passeremo poi ad analizzare brevemente l’acido gamma idrossi butirrico (GHB), farmaco di indubbia utilità, ma ancora oggi molto discusso in ambito clinico per la
pericolosità intrinseca nella farmacodinamica, che espone al rischio di abuso e dipendenza.

Il GHB diminuisce l’assunzione di alcol mimandone gli effetti a livello centrale (Gessa ’00), agisce sui recettori del GABA. Farmaco a breve emivita (4-6 ore), questo fatto andrebbe considerato nell’utilizzo in clinica, funziona meglio, infatti, se le somministrazioni possono essere frammentate.
Posologia classica: 50mg/Kg/die in tre somministrazioni. Di grande utilità in quei pazienti che trovano una invalicabile difficoltà nella resistenza al craving. Effetti collaterali: all’inizio della terapia episodi di vertigini e cefalea che si risolvono entro pochi giorni. Ben più grave invece è la possibilità che si instauri un abuso del farmaco. In letteratura i casi si aggirano sul 10% dei trattati (Addolorato ’96). FDA ha sospeso la vendita per gravi episodi di abuso associato spesso ad altre sostanze (attenzione però alle diverse realtà!).
Controindicazioni: psicosi, epilessia.

Un altro farmaco utile per quei pazienti “difficili”, per i quali il distacco dalla sostanza alcolica è assolutamente difficile è il naltrexone, questo farmaco era molto
utilizza nel trattamento della dipendenza da oppiacei nei primi anni ’90, e da anni (FDA1994) indicato anche per il trattamento dell’alcolismo.

Naltrexone
approvato da FDA nel ’94, trova il razionale nell’evidenza di grosse correlazioni nelle basi neurobiologiche dell’azione dell’alcol e degli oppiacei.
Funzione legandosi come antagonista puro ai recettori per la morfina. Diminuisce gli effetti gratificanti dell’alcol. Secondo gli autori che lo promuovono porta (Garbutt
’99) porta ad una estinzione progressiva dell’assunzione di alcol.
Effetti collaterali: nausea, vomito, >ansia e agitazione. Aumenta i livelli di cortisolo per cui contro indicato nei soggetti a rischio di infezioni.
Può pertanto essere utilizzato in pazienti che non hanno ancora raggiunto l’astinenza. Dosaggio 50mg/die. Durata minima 6 mesi.
Alte dosi risultano epatotossiche. Esami per funzionalità epatica minimo ogni 3 mesi.
Controindicato in pazienti con grave epatopatia.
Controindicato nei pazienti dipendenti da oppiacei (es. contestuale terapia con metadone).

Tra gli psicofarmaci gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina, indicati nel trattamento della depressione, sono stati per qualche tempo guardati con attenzione
anche per una loro presunta capacità di ridurre l’assunzione di alcol.
Il razionale che proponeva gli SSRI deriva da deduzioni neurobiologiche e da osservazioni sperimentali. Nel primo caso si è notato come anche la serotonina giochi
un ruolo nella genesi dell’etilismo, in breve funzionerebbe da freno (a differenza della dopamina) nella fase di desiderio e quindi della ricerca affannosa della sostanza
(come per altri impulsi più fisiologici). Nella sperimentazione si è poi notato come nei ratti geneticamente "bevitori” il tono serotoninergico nel sistema limbico era minore rispetto i ratti non bevitori, la somministrazione di SSRI nei primi riduceva l’assunzione di alcolici. Nell’uomo i dati clinici sono più limitati e controversi.
Le molecole più studiate sono paroxetina, fluoxetina, citalopram, sertralina.
All’interno dei tre vi sono poi differenze legato alle proprietà farmacodinamiche (es.la fluoxetina è più attivante, quindi può agitare troppo un pz. ansioso). In sintesi tutti funzionano nel ridurre la sintomatologia depressiva nell’alcolista, più controversa la capacità di ridurre l’assunzione di alcol. Viene da pensare che possano essere un utile strumento nel trattamento di quei pazienti, in cui l’alcol viene usato come antidepressivo.
Anche se non si tratta di un trattamento farmacologico ritengo di una qualche utilità fare un breve cenno all’agopuntura, che ho introdotto da non molto tempo nella mia realtà lavorativa con risultati molto interessanti nel trattamento a lungo termine dei pazienti.

Agopuntura:

a) metodo acudetox: trattamento della dipendenza da alcol, che consiste nell’infissione di 5 aghi in punti specifici di ciascun orecchio. La terapia si svolge in gruppo e dura 45 minuti, durante tale periodo i paziente devono stare in silenzio e tranquilli. Il trattamento dura mediamente 3 mesi con sedute inizialmente giornaliere poi via via distanziate nel tempo. L’introduzione del metodo acudetox permette di avere a disposizione uno strumento efficace, flessibile, che amplia le possibilità terapeutiche. L’uso di acudetox si rivela particolarmente utile in caso di gravidanza, in presenza di barriere culturali e linguistiche, in presenza di poliabuso. L’acudetox permette il coinvolgimento del paziente nella gestione della propria terapia, creando un clima di fiducia che ha riflessi positivi nell’intero percorso terapeutico.

b) agopuntura somatica: si discosta dall’acudetox, in quanto necessita di una precisa diagnosi. La definizione del trattamento con agopuntura deve passare attraverso la conoscenza della medicina cinese. L’agopuntura è uno strumento terapeutico di enorme potenzialità che permette di affrontare un’ampia gamma di problematiche connesse all’abuso di alcol. La possibilità di effettuare una diagnosi accurata permette di personalizzare la terapia in quei casi in cui l’acudetox si dimostra inefficace.

Un breve cenno meriterebbero due condizioni patologiche, il poliabuso e la comorbidità psichiatrica, che negli ultimi anni riguardano una grossa percentuale di
utenti dei Servizi riabilitativi.
Considerando il poco tempo a disposizione ci limiteremo a trattare il poliabuso, nello specifico dell’abuso di oppiacei ed alcol e di quello che vede associare alcol e
cocaina.
E’ necessario ricordare come tra le sostanze d’abuso gli oppiacei siano le più vicine all’alcol dal punto di vista del percorso neurobiologico.
Molto numerosi sono i pazienti che “passano” dall’uso di oppiacei a quello di alcol, con modalità d’uso continuativo e massiccio (modello del “farsi”).
Dal punto di vista trattamentale se il paziente è già in terapia con metadone è necessario rivalutare il dosaggio della terapia sostitutiva, da considerare l’associazione di metadone/disulfiram, ultimamente sono stati pubblicati studi sull’utilità dell’uso di GHB.

Altra tipologia di utente non infrequente è quella dei consumatori di cocaina e alcol.
Chi consuma cocaina pur ricercando gli effetti eccitanti e disinibenti della stessa mal sopportano la componente ansiosa portata in dote dalla sostanza, l’assunzione contemporanea di alcolici permette di conservare gli effetti ricercati limitando quelli spiacevoli. Quindi solo in apparenza è un controsenso associare un deprimente del
sistema nervoso ad un eccitante, l’importante è giocare sul dosaggio e sulla modalità di assunzione, per esempio “bere” tutta la serata senza però mai raggiungere livelli di stordimento permette di sfruttare oltre che l’effetto ansiolitico dell’alcol anche la fase disinibitoria, che va ad aggiungersi a quella della cocaina. Anche la modalità di consumo di alcol da parte di questi pazienti è peculiare, normalmente non è continuativo ma presente dei binge (abbuffate) con frequenza variabile e con
significato di accompagnamento al consumo di cocaina. Non è raro imbattersi in pazienti che non consumano abitualmente alcolici.
L’utilizzo in terapia del disulfiram riconosce il razionale negli effetti diretti del farmaco che inibisce la dopamina beta-idrossilasi, interferendo direttamente sugli effetti neurobiologici della cocaina. Di grande utilità risultano anche i farmaci SSRI.
Nella mia esperienza lavorativa si è dimostrata di grande utilità per il trattamento di questi paziento la tecnica dell’agopuntura.

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