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I Dodici Passi sono un fondamento
per il recupero personale.
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Alcolisti Anonimi, XXII raduno a Rimini

Seminario Aperto, 30 settembre 2006

Uomini in fuga

Allaman Allamani, Firenze
Centro di Alcologia, gruppo Ricerca e Prevenzione
Azienda Sanitaria di Firenze

1. Perché fuggiamo?
Fuggiamo da qualche pericolo o infelicità e fuggiamo verso qualche salvezza o verso qualche approdo di speranza o di successo. Chi è fuggito dalla miseria ed è emigrato in paesi nuovi dove ha trovato ricchezza. C’è chi fugge da un carcere o da un campo di prigionia, chi da un terremoto o da una dittatura. C’è chi fugge dal mondo come un monaco per una ricerca solitaria o spirituale, ma anche chi fuggendo si rifugia in un rapporto di coppia che può essere sia una sorta di canto libero sia una chiusura patologica alla società.

Si fugge in luoghi deserti con il proprio pensiero inconfessabile, come Petrarca che, con la sua Laura in mente, solo e pensoso i più deserti campi andava percorrendo a passi tardi e lenti; o come chi, alla guisa dello scrittore del settecento Vittorio Alfieri, se ne va per paesi lontani fino in Finlandia, viaggiando come un baule vuoto; o anche chi pensa di fare come lo stesso Alfieri,che si faceva legare alla sedia per costringersi a studiare e non scappare verso passatempi triviali.

Un altro esempio di fuga è la fuga dai conflitti, e dalla vita dissoluta e dalla paura, che deve aver sperimentato il ghibellin fuggiasco Dante Alighieri quando si trovò costretto a restar fuori da Firenze agli inizi del ‘300, spostandosi poi da un posto all’altro alla ricerca di un luogo in cui fermarsi. Il dramma è che doveva fuggir via da quella stessa città che gli aveva dato i natali e ne aveva nutrito la passione di uomo e di cittadino, e che ora lo minacciava di morte se fosse rientrato; per lui la fuga era anche esilio.

C’è poi un particolare fuggire della mente, cioè la distrazione, o dimenticanza, proprio dell’individuo contemporaneo, che corre da un pensiero a un altro, da un oggetto a un altro, da un sentimento a un altro; o che è preso ripetutamente da un pensiero dominante che fa svanire gli altri; e così fuggiamo dall’istante, dal buco tormentoso dell’anima con cui può essere penoso confrontarci.

2. Gratitudine a Carlo Còccioli
Gratitudine va inviata a Carlo Còccioli, lo scrittore livornese in fuga fuori d’Italia e, a lungo, in Messico, morto pochi anni fa. Carlo Còccioli, secondo i Fiorentini, è il reale fondatore di A.A. in Italia, a partire dalla prima informazione pubblica a Palazzo Capponi a Firenze nel luglio 1974; e certamente il suo testo Uomini in fuga ( editore Guerini, 1998) è stato a lungo il testo base per gli Alcolisti Anonimi italiani. Mi permetto di raccomandarlo: è una appassionata e sostanzionsa descrizione dei gruppi A.A. in Messico, frequentati da questo uomo in fuga per fuggire dietro un altro uomo in fuga, il suo’amico messicano alcolista.

Per Carlo, l’alcolista è un uomo in fuga :”L’uomo in fuga è colui che non accetta il mondo in cui si trova…ne ha orrore”; “..esiste un’immagine diversa, in lui, dello spazio e del tempo..un ricordo..Donde la sua nostalgia. E’ simile a una brama: di un Paradiso Perduto, di un mondo prima della Caduta” (Uomini in Fuga, p.283).
E ancora: “l’alcol è fin dal principio della civiltà il veicolo più comodo e più diffuso per ‘andare altrove’” (p.284).
E infine: “ Alcolismo, male mistico, male religioso...male di Dio” (p. 284).

3. Gli alcolisti scappano anche dai professionisti
Molti alcolisti scappano da tutte le parti, dicono i professionisti che cercano di salvarli. I più non si fanno neppur vedere dal loro medico di famiglia. Altri, avviatisi o più facilmente portati (dai familiari o dagli amici) a un centro o servizio alcologico, scappano via dal programma terapeutico che viene stabilito per loro, e lo fanno sia con l’attenzione, sia con le parole sia col corpo; non frequentano i programmi, saltano gli appuntamenti, ricadono a bere. Queste fughe riempiono le cartelle dei servizi di alcologia sotto le voci: trattamento interrotto; oppure: abbandono del paziente.

Perché, pur giunti all’inizio di una cura, fuggono? E’ paura del confronto con sé e con gli altri? E’ ancora una fuga da ciò che non si può accettare? Possiamo rivolgere una domanda parallela anche ai professionisti dedicati al trattamento degli alcolisti: perché hanno(abbiamo) scelto di occuparsi di una malattia tanto sfuggente? Cosa li(ci) induce a privilegiare la frustrazione che deriva dai così frequenti abbandoni dei loro clienti? Si diceva che gli operatori che si occupano di dipendenze sono un po’ gli ultimi della loro categoria, e si sono dedicati a questa specialità perché non hanno posto in altre. Ma è necessaria una risposta più meditata. Forse: il professionista avverte con particolare forza il compito di controllare, per il suo bene, chi fugge, come fanno i familiari di alcolisti o tossicodipendenti?....E’ questo un compito professionale o un bisogno personale?
Certamente è importante che approfondiamo le nostre motivazioni a esercitare questo tipo di lavoro, e ad accogliere realmente le esperienze, come quelle dei gruppi, che vengono da lontano e che possono ben aiutare la nostra capacità di terapeuti.

4. Ma si può veramente fuggire?
Se leggiamo lo splendido salmo 138 esimo, potremmo trovare una risposta ante litteram che ben si integra alle idee di Coccioli. Il salmo dice, alla fine, che si può scappare quanto si vuole, ma non si può sfuggire dal nostro Potere Superiore che è dappertutto:

“Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico ’Almeno l’oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte’;
nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno…
....Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando mi seggo e quando mi alzo.” (Salmo 138)

Questa appare una contraddizione. Si fugge dal buco dell’anima o si cerca il significato della vita approdando nel Potere Superiore? La risposta è che ambedue le cose possono avvenire allo stesso tempo. Si può sempre scappare senza vedere, ma il Potere Superiore è sempre lì, ed è essenziale chiederne l’aiuto dopo aver ammesso i nostri limiti Allora la fuga diviene ricerca.
E’ allora che ha inizio quello che Coccioli ricorda essere un miracolo, cioè il cambiamento nell’alcolista, ch’egli definisce ricorrendo a un altro salmo, il 118simo: “la pietra rigettata dai costruttori è divenuta pietra angolare”; “ è l’opera di Di, una meraviglia ai nostri occhi”. Il salmo ricorda che ciò che è considerato insignificante o
impossibile, diventa la base della costruzione, e ciò appare meraviglioso, cioè miracoloso (Uomini in Fuga, p.279).

5. Come avviene il cambiamento?
Ciascun alcolista ha la sua esperienza di fallimento e di successo nel cambiamento. Può occorrere dentro il sistema sanitario, ma più probabilmente in un gruppo di mutuo aiuto oppure in un trattamento professionale che si avvale anche dell’invio ai gruppi di mutuo aiuto. In ogni caso, some sappiamo, non si tratta solo di smettere di bere, ma di un percorso di sobrietà che ha necessità di tempo.
Alcolisti Anonimi, e Al Anon, e in seguito le altre associazioni dei 12 Passi, hanno negli ultimi sette decenni veramente cambiato il modo di capire e di affrontare la dipendenza nella nostra società e anche nella sanità. E non è ancora abbastanza compreso il sistema secondo cui tali programmi funzionano.
E’ pertanto interessante riflettere su come l’esperienza di Dante Alighieri riportata nella Divina Commedia abbia caratteristiche simili al percorso di trasformazione di Alcolisti Anonimi. A questo proposito è stato anche pubblicato un libro (Schaub e Schaub, tr.it. Il metodo Dante, editore Piemme, 2004) che, rifacendosi al capolavoro della nostra letteratura, ma anche tenendo presente i principi di A.A., traccia un cammino di trasformazione dal malessere a un vita più felice. Questa riflessione ci aiuta a rafforzare l’idea che il percorso dei 12 Passi è un percorso spirituale e ci illustra un modo in cui si realizza il cambiamento di una persona.
Infatti, se prendiamo a esempio la storia riferita nel suo poema, Dante:

Quanto detto appare assai vicino, credo, alla pratica e ai principi dei Dodici Passi.

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